In un volume del 1984 dedicato ad Alassio – per meglio dire, ad Alassio “come era” – trovo la foto fine Ottocento di una famiglia di ceto medio in posa sul suo gozzo, tirato in secco sulla spiaggia. Mi colpisce la disposizione degli effigiati: il signore barbuto con la cravatta al centro dell’imbarcazione ha tutta l’aria del padrone (del bacàn). L’ inequivocabile marinaio non può stare che al timone, mentre a un bambino seminudo appartenente allo stesso ceto popolare (il figlio del marinaio?) è riservato un modesto spazio di risulta sotto la chiglia della barca.
Mi viene spontaneo il confronto con un’altra immagine – una foto di famiglia della mia nonna materna, datata 1912 e scattata nelle vicinanze del santuario della Madonna delle Rocche, vicino a Molare, nell’Ovadese –, per la presenza di un ragazzino dall’aspetto abbastanza dimesso che trovo sistemato, anche in questo caso, in basso a destra.
“Quello era il garzonetto”, mi aveva spiegato mia nonna. “Aveva portato fin lassù, su quel prato, la macchina del fotografo: un cassone pesante. L’avevamo messo in posa con noi. Per fargli piacere.”
Giuseppe Costa (“Zepin”), Alassio dei nonni. Fatti, tradizioni, proverbi, modi di dire, canti, cantilene e vocaboli di una “Alassio di altri tempi”, testo curato e ampliato da S.B. Pezzuolo, Albenga (F.lli Stalla) 1984, p. 64.La foto risulta concessa all’autore del volume, Giuseppe Costa, da Simone Regolo.