Non so da dove mia figlia, forse una decina d’anni fa (ormai è maggiorenne), abbia tratto ispirazione per questa serie di ritratti – come tali me li presentava – che concorrono a comporre un insieme intitolato La mia famiglia.
Pensavo che avesse potuto sfogliare la raccolta de Il giro del mondo, un giornale di viaggi appartenuto a un mio bisnonno materno, o certe vecchie annate della rivista Missioni rilegate negli anni ’50 dalla mia nonna paterna: cose trovate in casa.
Invece no, credo che sia tutta farina del suo sacco.
Dietro ogni figurina aveva diligentemente annotato il nome dell’effigiato. Alla fine, ho preferito metterle sotto vetro, per una sorta di pudore, mantenendo memoria delle due in cui ha raffigurato se stessa (dall’alto, la prima a sinistra della terza fila, guarda caso abbastanza carina), e me (l’ultimo della prima fila, tribale e totemico quant’altri mai).
Le mostrerò, un giorno, le immagini del Nordisk familjebok (il Libro di famiglia nordico), un’enciclopedia svedese pubblicata tra 1867 e 1957: tutta un’altra cosa.