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E torno alla Piazza delle Fontane. Lì un bel giorno di primavera (credo) mi accadde di ascoltare il farmacista comasco Luca Ghielmetti e il genovese (ma, da parte di madre, molarese) Franco Boggero. E fu amore. Ghielmetti fece una canzone sulla paternità. Più che bella. E Boggero cantò il suo corpo magro che è composto di parole dette, non dette, mezzodette e mezzotaciute. Impolitiche e trasognate. Jannacci? Un cicinin. Giorgio Conte? Quanto basta. La Merica? Eccome. La Francia? Dietro l’ angolo. L’imbarazzo? Sovrano: uno stile di vita. Così siamo diventati amici, Franco e io. Perché entrambi veniamo dalla Genova ponentina e dalla Molare oltregiogata. Radici, certo. Abusate radici. Ma, di più, Mexico. E nuvole. Quelle che quando Domineddio ci chiederà cosa abbiam fatto di bello, da vivi, noi con un occhio chiuso e il naso arricciato (perché la luce del paradiso a noi monferrini di utero può dare fastidio) risponderemo – come Nino Costa – che abbiamo guardato loro, le nuvole. Che vanno attraverso il cielo.

Fonte: Gianni Priano

Piazza Fontane Marose