Ho conservato i biglietti di una partita di football, River Plate contro Estudiantes, giocata al Monumental di Buenos Aires una domenica di settembre del 1986. Ricordo il rettangolo di gioco lontanissimo, squadre piuttosto lente (finì 0 – 0), un effluvio di spiedini sulle gradinate, qualche tafferuglio all’uscita seguito da una carica svogliata della polizia a cavallo.
Ero andato là come funzionario della Soprintendenza, a seguire l’allestimento di una mostra (Genova. Il Novecento) nel Palais de Glace, il Palazzo del Ghiaccio. Il regime militare era un ricordo recente; l’Argentina era dotata di un debole presidente, Raúl Alfonsín, e di una debolissima valuta, l’Austral. Io stavo all’Hotel Lancaster, non ancora rinnovato e ancora tutto anni ’40, con l’ascensore manovrato dall’addetto; e nel bar mi capitava d’incontrare Hugo Pratt, che aveva appena inaugurato una sua antologica al Centro Cultural Recoleta.
All’interno della stessa operazione d’immagine (si chiamava “Italiana ‘86”), Pippo Pedrocco, da poco nominato direttore di Ca’ Rezzonico, aveva allestito una mostra sul Settecento veneziano. L’avevo conosciuto là (e non c’è più neanche lui): la sera uscivamo insieme, a sentir suonare i complessini lungo la Calle Florida. Non so cosa ci avesse portato a visitare, fra tutti i possibili musei, proprio quello della Policía Federal.
Ci avevano intrigato, fra i vari e talora raccapriccianti reperti, i finti revolver utilizzati per antiche evasioni: uno, se ben ricordo, intagliato in un grosso pezzo di sapone.
E IN ARGENTINA ARRIVERA’ IL MADE IN ITALY – (Repubblica 13/09/1986)